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Intervista a Franco Saudelli: le donne, Dylan Dog ed altri demoni

“Quando disegno una donna sensuale o una “damsel in distress” io NON STO LAVORANDO, sto seguendo il mio istinto”.

Così Franco Saudelli esordisce in questa interessante intervista per Sfilate.it.

Nato a Latina il 4 agosto del 1952, Franco Saudelli è uno dei più grandi disegnatori italiani, non solo di  di fumetti erotici o comunque con una connotazione trasgressiva, che lo hanno reso famoso, ma anche di storie più tradizionali come Dylan Dog.

Ho letto una tua dichiarazione nella quale dicevi che un fumettista “non deve annoiare mai”. Quale è il tuo segreto per mantenere sempre “sveglio” il lettore?

“Se ne dicono tante!… non mi ricordo di averlo detto… comunque se l’ho detto non mi riferivo a me. Io non so se il lettore si addormenta quando legge e guarda le mie cose. Sono affari suoi! Sicuramente io avrò un segreto, ma è un segreto pure per me: perché mi piace disegnare le cose che disegno? Bisognerebbe cercare nel mio DNA!”.

Da bambino quali erano i fumetti che apprezzavi maggiormente?
“Il Corriere dei Piccoli, quello con Toppi, Battaglia, Di Gennaro, Pratt. Però Pratt non mi piaceva, anzi, i suoi disegni mi stavano antipatici!”.

Parliamo della tua esperienza giovanile con “Lanciostory”. Cosa ti ha lasciato quel periodo?
“Cosa ha lasciato a me “Lanciostory”? Vogliamo parlare di cosa ho lasciato io a “Lanciostory”? Tutte le mie tavole originali, visto che loro se ne arrogavano la proprietà! Sono riuscito a farmi restituire solo quelle de “L’uomo di Wolfland”, però è stata dura”.

Hai mai disegnato “su commissione” qualcosa che proprio non ti piaceva?
“Si, molte storie di “Lanciostory” proprio non mi piacevano”.

Che strumenti usi abitualmente per i suoi disegni?
“Sono carente dal punto di vista tecnico, perciò non posso darti gran soddisfazione in questa risposta. Ho usato per molto tempo il pennino. Poi capii che non sapevo usarlo. Pennello? Assolutamente negato, anche per il pennello. Passai allora a usare per il tratto la semplice matita. La maggior parte della Bionda è inchiostrata con la matita, con i neri pieni a pennarello. Anche il primo Dylan Dog era “inchiostrato” con la semplice matita, e anche, in parte, il secondo. Fui costretto ad abbandonare il mio strumento preferito, proprio a causa della Bonelli. Marcheselli mi chiese di ripassare con l’inchiostro, perché alla Bonelli sgommano TUTTO, anche se hai già sgommato tu con cura, prima di impacchettare e spedire.

Capii la richiesta di Mauro, quando vidi su “Il cane infernale” che alcuni volti piccoli erano saltati, mi ero probabilmente dimenticato di fissarli col fissativo. Davanti all’orrore delle mie facce sparite e ridisegnate da mani aliene (nel vero senso della parola) accettai di buon grado la richiesta di Marcheselli.

Perciò ora I miei Dylan, li ripasso con il pennarello della Pentel quello grigio con la punta a pennino, non mi ricordo come si chiama… e con varie punte di pennarelli Pigma o Staedtler . Talvolta penna biro, poche cose. Neri, uso il pennarello Tombo, costa un botto ma il suo nero non si deteriora col tempo, come capita a quasi tutti i pennarelli. Ho tavole originali annerite con il Tombo, che dopo più di dieci anni mantengono ancora il loro bel nero brillante”.

Come hai già anticipato, da molti anni sei tra i disegnatori di Dylan Dog, un fumetto ormai entrato nella storia. Qual è la peculiarità caratteriale di Dylan Dog che più gli invidi, oltre alle belle donne che nelle sue storie le mette accanto?
“Mi piace la sua casa ed il fatto che vive a Londra dove la casa E’ LA CASA. Non come qui, con questi orrendi condomini! Sono stato 3 volte a Londra e ho visto (e anche ci ho vissuto) case stupende e per tutti. Mi piace il tessuto urbano londinese, mi piace l’ora del thè, anche se non mi piace il thè.

Mi piace il loro stile di vita. Ho anche immaginato e disegnato la pianta della casa di Dylan. E ogni volta che disegno la sua casa, potete star sicuri che la sua casa è sempre la stessa. Non come fa la maggior parte dei disegnatori, che cambiano porte e finestre a seconda della necessità compositiva della vignetta. La casa di Dylan ha un corridoio a T (il corridoio dei mostri). Subito a destra, entrando c’è lo studio.

Sulla T in fondo al corridoio ci sono le 2 stanze da letto. All’angolo sinistro della T c’è la cucina, che affaccia su Craven road, come lo studio. Sull’estrema sinistra della T del corridoio c’è il bagno. E sull’estrema destra ho immaginato che ci sia la botola che porta nella cantina. Perché la casa di Dylan ha una cantina, che appare e scompare a seconda delle esigenze dei signori sceneggiatori, ma ce l’ha. Infatti, ci sono finestrelle in basso alle finestre principali che guardano su Craven road, finestrelle che tutti hanno disegnato. Quella è la cantina”.

Come è nata la collaborazione con la rivista americana “Leg Show”? E’vero che fu proprio Dian Hanson (ideatrice della rivista) a contattarti perché tua grande ammiratrice?
“E’ vero, mi telefonò a casa. Io risposi trafelato perchè venivo da fuori e l’ascensore era rotto! Non capivo quasi niente di quello che diceva e puoi immaginare quello che capisse lei di ciò che dicevo io, col fiatone e con il mio inglese inventato lì per lì! Ho collaborato con “Leg Show” per cinque anni. La cosa più divertente che ho fatto per loro è stata “Mistermastermind” scritto e ideato in coppia con Lillo (Pasquale Petrolo ndr.)”.   

Un film da consigliare…
“Fa lo stesso un libro? “Le estremità dell’amore” (titolo originale “The foot sucker” ndr.) di Geoff Nicholson, pubblicato in Italia da Marco Tropera. Sembra un film”.

Dimmi cinque nomi di attrici che vorresti ritrarre…
“Brigitte Bardot, Brigitte Bardot, Brigitte Bardot, Brigitte Bardot e Brigitte Bardot!!”.

Piede nudo o con calza? Tacchi a spillo o stivali? Cavigliera o anellino?
“Piede nudo. Tacchi a spillo. Cavigliera e anellino…o nessuno dei due…oppure solo cavigliera…oppure solo anellino! La sensualità femminile parte dal basso”.

Redazione

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