“Nella storia dell’umanità non c’è mai stato nulla, dopo la divinazione dei faraoni nell’antico Egitto, di paragonabile al culto che la gioventù europea e americana dedica alle rock star”.
Michel Houellebecq.
Il concerto ieri è finito tardi. Ci aggiriamo ancora nel deserto dove risuonano le sue note.
Sarà il caldo torrido che fa ondeggiare l’ orizzonte. Sarà il vento caldo che inciampa rasoterra, sarà la sete che gratta come questa sabbia, ma quello a cui stiamo assistendo sembra un miraggio.
Vediamo un accampamento che ci rimanda alla magia selvaggia e dannata della West Coast.
Catapultati in un backstage di denim e rasi, ecco le nostre dive confondere la vita reale con lo show.
Come tutti gli opposti pubblico e privato si attraggono, ma qui fanno di più: si amalgamano. Come la vita intima si insinua sul palco, anche la lingerie prende il suo spazio; elementi dell’underwear si mettono in evidenza, mentre gli abiti di scena si nascondono sotto femminili vesti da camera.
Le figure disegnano ombre le cui forme ci proiettano nei anni ‘70. Gonne e abiti fino ai piedi, pantaloni larghi dalla vita molto alta o molto bassa.
Quando il sole accecante ce lo concede, scopriamo che i colori sono troppo garbatamente polverosi e slavati, i decori troppo essenziali per essere davvero in quegli anni.
Allontanandoci da questa oasi non sapremo mai se è stato un miraggio o se era tutto vero, di sicuro sappiamo che c’era del rock.
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