Cosa fare quindi quando si deve sostenere un colloquio di lavoro ma si aspetta un bambino? E’ un obbligo dichiararlo e può essere un fattore discriminante?
L’Unione Europea combatte qualsiasi forma di discriminazione nel mondo del lavoro, sia a livello istituzionale sia normativo e l’Italia, in quanto stato membro, rispetta questo principio.
Gli uomini e le donne devono avere gli stessi diritti e doveri, ciò non toglie che saranno le donne un giorno a portare nel grembo un bambino.
La donna essendo colei che storicamente è sempre stata a casa con i bambini viene tutt’oggi considerata, a torto, meno flessibile rispetto ai colleghi maschi e di conseguenza il suo “valore professionale” è più basso, venendo appunto discriminata.
Quando si aspetta un bambino, la prima cosa a cui spesso pensa il futuro datore di lavoro sono i mesi d’assenza a causa della maternità e i permessi in seguito alla nascita del bambino con la conseguente richiesta di part-time. Non tutte le donne che lavorano seguono poi questo iter una volta avuto il bambino ma è il pensiero comune, che porta quindi a volte a discriminare la futura mamma che sostiene il colloquio. Alcuni datori di lavoro poco onesti, per evitare il problema, potrebbero decidere di risolvere la questione “a monte” scegliendo, se sono a conoscenza dello stato di gravidanza, di non assumere quella candidata prossima a richiedere un congedo per maternità. Ma la legge impone che la lavoratrice debba essere valutata per le skill della sfera professionale ignorando volutamente quanto accade nella sfera privata e questo soprattutto durante un colloquio preliminare.
Per scongiurare questa discriminazione, a livello europeo sono state emesse diverse sentenze, diventate successivamente il pilastro portante delle leggi contro la discriminazione femminile nel mondo del lavoro. Per legge quindi non si è obbligate a dichiarare di essere in stato interessante proprio perché è un argomento legato alla vita privata della persona. Se si è vittima di una discriminazione sul lavoro o si vogliono avere maggiori informazioni a riguardo, è meglio consultarsi con un avvocato come quelli ad esempio proposti sul Familydea.it il portale online di servizi alla famiglia.
In conclusione, una donna può presentarsi a qualunque colloquio di lavoro e deve essere valutata solo per le sue capacità professionali.
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