Il settore della moda è certamente uno dei più colpiti dal fenomeno della contraffazione, che può riguardare, a seconda dei casi, marchi, disegni o modelli. In questo primo articolo approfondiremo il tema della contraffazione del marchio.
La legge definisce il marchio “una parola, frase, simbolo o elemento di design, o combinazione dei precedenti, che identifica e distingue la provenienza di beni o servizi”.
Il marchio è un segno (generalmente grafico) con il quale un’impresa identifica propri prodotti o servizi per distinguerli da quelli della concorrenza: rappresenta il nome con cui una società si presenta sul mercato di riferimento e che spesso, nella coscienza collettiva, acquisisce un’identità distinta da quella aziendale: la c.d. “brand identity”.
Ciò si realizza quando un marchio è sufficientemente distintivo e individualizzante tale da consentire a un prodotto o a una serie di prodotti, non necessariamente dello stesso tipo, di rimanere impressi nella memoria dei clienti e trasmettere tutti i valori che l’azienda vuole che i propri clienti associno ad essa.
La c.d. “brand identity” va tutelata non solo dagli eventuali usi illeciti e non autorizzati, ma anche dalla compresenza sul mercato di segni con essa confondibili.
In termini di tutela rileva la distinzione tra marchio debole e marchio forte.
Un marchio è “debole” quando si limita a evocare il prodotto o il servizio descrivendone la natura o una qualità.
Un marchio è “forte” quando la denominazione del marchio non ha alcuna aderenza concettuale con il prodotto e per questo è in grado di attirare maggiormente l’attenzione del consumatore.
Ne è un esempio immediato la famosa “Mela” di Cupertino: il segno “Apple” è senz’altro un marchio forte, in quanto utilizzato per identificare prodotti tecnologici (computer, smartphone e tablet) che nulla hanno a che fare con l’omonimo frutto.
Al contrario il segno “Melinda” risulta essere un marchio debole in quanto aderisce concettualmente al prodotto identificato, definendolo nel suo oggetto e contenuto, richiamando parole o segni che fanno capire di quale prodotto o servizio si tratta. Il marchio debole e poco caratterizzante è quindi più facilmente imitabili anche dai concorrenti.
La differenza tra Marchio Forte e Marchio Debole riflette tutti i suoi effetti non solo in sede di contraffazione, ma anche in relazione al tipo di tutela apprestata.
Si potrebbe dire che la protezione giuridica premia, per così dire, la fantasia del titolare: se il marchio è decisamente originale, si avrà un “marchio forte” e godrà, come vedremo, di una protezione maggiore; se il marchio è sì originale, ma con una verve meno marcata, si avrà un “marchio debole”, per certi versi meno facilmente tutelabile dall’ordinamento.
Possiamo comprendere, dunque, quanto sia rilevante la qualificazione del segno distintivo come marchio forte o marchio debole, essendoci una diretta conseguenza sull’intensità della tutela che ne deriva.
La contraffazione riguarda tutti i settori del diritto della proprietà industriale e intellettuale, anche se in maniera spesso significativamente differente.
Le caratteristiche del fenomeno sono state in parte modificate dall’avvento e diffusione della tecnologia: mentre originariamente la contraffazione era opera essenzialmente di organizzazioni clandestine che miravano a ingannare il pubblico, oggi si è maggiormente radicata a livello sociale. Basti pensare alla tolleranza da parte della generalità del pubblico di alcune pratiche contraffattive quali la fotocopiatura integrale di testi o lo scaricamento di file audio/video da internet.
La contraffazione è la condotta volta a far assumere al marchio falsificato quelle qualità che generano confusione sull’autentica provenienza del prodotto, con la possibilità che il consumatore venga ingannato.
Con riferimento al mondo della moda, tre sono i fenomeni contraffattivi di particolare rilevanza: quelli relativi ai marchi, ai prodotti e alle commercializzazioni.
(i) La prima ipotesi si realizza in presenza di un’imitazione del marchio che conduce a confusione sotto un duplice aspetto: a) in alcuni casi il marchio viene riprodotto fedelmente e apposto su prodotti simili o identici a quelli originali; b) in altri casi, invece, il marchio è soltanto simile, ma tale da richiamare alla mente del consumatore quello originale.
L’utilizzo di marchi molto simili a quelli più conosciuti è considerata una delle pratiche più pericolose nelle relazioni commerciali perché può confondere il consumatore che deve acquistare il prodotto: il consumatore, infatti, quando vede un prodotto, non sempre ha un ricordo perfetto di come sia fatto il relativo marchio, per quanto rinomato e conosciuto possa essere.
(ii) La seconda forma di contraffazione può riguardare i prodotti.
In questo caso vengono imitate le linee di un abito che, magari insieme all’utilizzo di un marchio simile a quello dell’azienda che ha disegnato il vestito originale, può ingannare il consumatore che lo acquista credendo di comprare il prodotto di marca originale.
(iii) La terza forma di contraffazione riguarda la commercializzazione dei prodotti.
Si pensi, all’ipotesi (anche se è un’ipotesi di contraffazione molto avanzata) in cui un prodotto venga creato e commercializzato utilizzando un marchio identico a quello della grande casa di moda senza che tuttavia questa lo produca in effetti.
Sotto altro profilo, invece, si collocano le cosiddette importazioni parallele, ossia quel fenomeno attraverso cui vengono commercializzati in una determinata area geografica prodotti originali che però non erano destinati a tale mercato, solitamente ad un prezzo decisamente inferiore rispetto a quello praticato sui capi o i prodotti “autorizzati”.
La caratteristica di tale forma di contraffazione, che è forse la più pericolosa, è che il prodotto è originale in tutto e per tutto, ma il titolare dei diritti di sfruttamento economico sullo stesso non ne ha autorizzato la vendita.
Negli ultimi anni la vendita di prodotti contraffatti ha raggiunto la sua massima espansione col dilagare di siti internet e vendite on line.
Le maggiori piattaforme di e-commerce si stanno adoperando per combattere il fenomeno della contraffazione: Ebay, per esempio, ha lanciato il programma “Autenticato Ebay” riservato alle borse di alta moda e agli orologi di lusso originali: prima di mettere in vendita il prodotto, un gruppo di esperti indipendenti ne verifica l’originalità. Superato il test, il prodotto viene certificato con l’apposizione dell’etichetta “Autenticità verificata” che permette agli utenti di Ebay di acquistare i prodotti dei marchi più prestigiosi in modo sicuro.
Le azioni civili a tutela del marchio sono previste del Codice di Proprietà Industriale (CPI) e sono volte a ottenere:
iii) il sequestro sia degli oggetti che costituiscono violazione di diritti di proprietà intellettuale (ad esempio le merci contraffatte) sia dei mezzi utilizzati per produrli (ad esempio i macchinari per riprodurre i marchi contraffatti) sia dei relativi elementi di prova (art. 129 CPI);
È certamente utile agire in via d’urgenza avanti l’autorità giudiziaria competente, al fine di ottenere un provvedimento giudiziario che tuteli rapidamente il marchio contraffatto
Dopo aver ottenuto in via d’urgenza la tutela del marchio, il titolare della privativa ha anche il diritto al risarcimento del danno e lo può ottenere, sussistendone i presupposti, instaurando un giudizio ordinario innanzi al Tribunale.
L’autorità giudiziaria, con la sentenza che accerta che vi è stata contraffazione di un marchio, può anche ordinare la distruzione di tutto ciò che è oggetto di violazione oppure ordinare che gli oggetti prodotti, importati o venduti in violazione del diritto, come pure i mezzi specifici che servono univocamente a produrli, siano assegnati in proprietà al titolare del brevetto violato.
Il giudizio ordinario viene generalmente introdotto per ottenere il risarcimento dei danni subiti dal titolare del marchio che è stato contraffatto.
Il Codice della Proprietà Industriale ha espressamente stabilito che il Giudice, per determinare il quantum dovuto a titolo di risarcimento danni, può considerare anche elementi attinenti, quali le conseguenze economiche negative subite (ivi compreso il mancato guadagno), i benefici per il contraffattore e l’eventuale danno morale arrecato al titolare del marchio.
Analizziamo ora un interessante caso che ha riguardato due brand molto famosi: il brand italiano “Gucci” e il brand americano “Forever 21” a dimostrazione dell’importanza di registrare un marchio.
In questo caso, il pomo della discordia è l’utilizzo del marchio figurativo delle strisce “blu-rosso-blu” e “verde-rosso-verde” che caratterizzano i capi della griffe fiorentina, tutelati dal marchio Gucci sin dal 1979.
Va infatti ricordata un’altra distinzione tipica dei segni distintivi, quella tra marchi denominativi (o verbali) e marchi figurativi: i primi consistono nella mera dicitura a caratteri di stampa di lettere dell’alfabeto (per es. le parole: Canon, Ikea, Wwf; i secondi in un segno o elementi grafico personalizzato (per es.: il cavallino della Ferrari, il giaguaro della Jaguar).
Anche in questo caso, differente è ovviamente il livello di protezione: nei marchi denominativi, a differenza di quelli figurativi, viene tutelata la sequenza di lettere e non il loro aspetto esteriore.
Bene. Torniamo ora al nostro “caso” di scuola.
Nel febbraio del 2016, Gucci ha diffidato Forever21 dalla produzione di capi di abbigliamento e accessori riportanti le famose strisce, e ha chiesto il ritiro dal mercato dei capi in questione.
Da par suo, Forever 21 non solo non ha accolto la richiesta della Casa di moda italiana, ma ha deciso di giocare d’anticipo citando in giudizio Gucci per ottenere l’invalidità (a suo dire) dei marchi figurativi a strisce “verde-rosso-verde” e “blu-rosso-blu”, registrati da Gucci negli Stati Uniti sin dal 1979. Secondo Forever 21 quei marchi erano nulli perché “non originali”, e dunque non meritevoli di protezione. Il giudice americano, tuttavia, ha dato ragione al brand italiano riconoscendo la validità dei marchi grafici e la tutela del relativo segno.
Il settore della moda è storicamente quello più colpito dal fenomeno della contraffazione, con particolare riferimento ai beni di lusso e a quelli che riguardano importanti nicchie di mercato.
Il motivo per cui l’industria della moda sia così attraente agli occhi dei contraffattori è duplice: da un lato rileva la circostanza secondo cui il settore della moda è caratterizzato da tendenze in continuo cambiamento (di conseguenza i marchi di moda devono spesso reinventarsi), a ciò si aggiunga il fatto che viviamo in una società basata sull’immagine, ossessionata dalle tendenze, ma anche dal risparmio.
Questo binomio crea terreno fertile per il proliferare della contraffazione.
Come dimostra anche il caso sopracitato, il settore della moda non gode della medesima protezione riservata, ad esempio, ai film, all’arte o alla letteratura, e ciò, ovviamente, espone gli stilisti a un rischio di imitazione alquanto elevato.
Esistono dei percorsi alternativi, ma assai tortuosi e dispendiosi.
Come abbiamo detto in precedenza, i brand possono ricorrere alle leggi sui marchi commerciali che consentono di tutelare le caratteristiche di un prodotto, come il colore, i dettagli del design, il modello originale o peculiarità di uno stilista. Il riconoscimento di un simbolo come segno distintivo non avviene dall’oggi al domani e, pertanto, è evidente come questo lungo iter giuridico contrasti con la velocità con cui i negozi di fast-fashion (come nel caso di Forever 21) possono avere le copie dei prodotti e dei capi d’abbigliamento sui loro scaffali.
Purtroppo, proprio la remuneratività legata ai traffici di prodotti contraffatti appartenenti al settore della moda, ha attirato l’attenzione della criminalità organizzata, che ha trasferito nell’industria del falso le metodologie e le risorse un tempo impiegate nel traffico di sostanze stupefacenti e nel contrabbando di sigarette. E ciò non ha fatto altro che favorire il dilagare del fenomeno in parola.
In collaborazione con:
Avv. Andrea Maggipinto – Studio Legale AMLAW
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