Milano fashion week 2021: il top della prossima stagione primaverile

Dal 21 al 27 settembre è andato in scena uno dei momenti più attesi dell’anno per il capoluogo lombardo: la Milano Fashion Week.

Dal 21 al 27 settembre è andato in scena uno dei momenti più attesi dell’anno per il capoluogo lombardo: la Milano Fashion Week. A partire dall’anno scorso le edizioni sono sempre più digital, a dimostrazione di come i social e la pandemia abbiano influenzato e modificato l’organizzazione dei grandi eventi, rendendo possibile un connubio tra realtà e virtualità. L’iniziativa, con il suo programma fitto, ha posto attenzione sulla filiera produttiva della moda, evidenziando come sia necessario un cambiamento verso la sostenibilità in merito alla produzione tessuti; e sull’inclusione, cercando di promuovere i talenti emergenti provenienti da tutte le parti del globo. Al centro l’affermazione del corpo in tutte le sue forme, grazie a capi d’abbigliamento che richiamano l’estetica degli anni 2000, che diventano strumenti capaci di celebrare l’unicità di ognuno, sottolineando il concetto di inserimento di cui si è parlato pocanzi. Vediamo alcuni stili che si sono distinti sulle passerelle.

Le tendenze più in voga

La valorizzazione della fisicità passa anche attraverso la scelta di particolari palette per la maglieria, come i colori nude che coprono la silhouette quasi come se fossero una seconda pelle, tenendo in considerazione lo skin tone di ciascuno. Sempre restando in tema di cromature, il pop acid nelle sfumature rosa fucsia, verde lime e arancione è esploso con tutta la sua vivacità nel corso delle sfilate, presentandosi anche sotto forma di total look a base di completi indossabili per andare in ufficio. L’audacia è stata rappresentata anche dai vestiti cut out, con tagli strategici sull’addome o in altre zone del corpo, giocando con gli spacchi e abiti monospalla. Per un look casual da sfoggiare tutti i giorni tornano i jeans a vita bassa, dal lavaggio chiaro e impreziositi da decorazioni, ricami o gioielli. Tuttavia formalità e informalità possono mescolarsi: un esempio concreto lo ha dimostrato Fendi con i suoi tailleur, composti da giacche in sete dalle nuance eleganti, ma abbinate a top o reggiseni per smorzarne la seriosità. Simbolo di emancipazione per eccellenza la minigonna, a cui Prada ha dedicato un’intera collezione, che sarà il vero must have della prossima stagione, insieme alla giacca in pelle, capace di rendere grintoso qualunque outfit, presentandosi come un pezzo estremamente versatile.

Che i dettagli facciano la differenze lo abbiamo notato grazie a Roberto Cavalli, che ai bordi dei suoi completi ha applicato delle piume. Questa tendenza è stata definita feather mania, e non si è limitata all’accessorietà, ma è stata proposta anche sui vestiti, come mostrato dai mini dress da cocktail di Ermanno Scervino, ricoperti da un piumaggio bianco.

La sostenibilità al primo posto

Per tutta la durata dell’evento la parola fashion ha riecheggiato ovunque, ma mai accanto all’aggettivo fast. Il Presidente della Camera Italiana della Moda, che ha aperto come da tradizione la Milano Fashion Week, ha esordito nel suo discorso con una frase divenuta simbolo dell’intera iniziativa, ovvero: “È la Green Fashion Week!”. Sono state messe in luce le piccole e grandi realtà che portano avanti il Made in Italy, su cui bisognerà puntare sempre più in futuro. Tanti i brand che hanno proposto modelli completamente ecologici, realizzati con materiali certificati al 100% mettendo in atto una lavorazione dei tessuti poco impattante sull’ambiente. È chiaro che si tratta di un cambiamento epocale: le aziende dovranno rivedere l’intera filiera produttiva, le tempistiche si dilateranno inevitabilmente, e servirà un’azienda tessile affidabile come Carvico da cui rifornirsi. Si è strizzato l’occhio anche alla moda etica, attraverso progetti che puntano a valorizzare l’artigianalità delle minoranze, anche per sostenerle economicamente e contribuire a creare servizi nei Paesi in cui vivono.

Vedremo ora con che modalità brand e creativi hanno deciso di abbracciare la sfida di trasformare il settore moda, puntando su tessuti innovativi e sostenibili.

I tessuti

Frequenti gli indumenti realizzati con rimanenze di tessuti provenienti dalla lavorazione del campionario, o i tessuti capaci di valorizzare la storia e le tradizioni di un determinato popolo per la loro provenienza, la cui sostenibilità è certificata. Un esempio è dato dalla collezione di Gilberto Calzolari, che oltre a creare abiti che richiamano la cultura giapponese grazie alla presenza di origami nelle stoffe, ha presentato alcune opere sartoriali prodotte con materiali di scarto, come le minigonne o i top, le quali si sono poste come simbolo dell’alto artigianato.

Il brand Natural Cotton Color si serve di cotone al 100 % organico già colorato, che coltiva lui stesso, evitando così di adoperare additivi per tingerli, inserendo in commercio prodotti esclusivi. Innovativa la tecnica di stampaggio dei tessuti scelta da Helena Pontes, che ha puntato su vernici a base d’acqua, biodegradabili e certificate. Ma il marchio non presta attenzione solo a questa fase finale, anzi si avvale di una filiera sostenibile a 360° per comporre gli abiti, a partire dai fornitori fino alle materie prime, come il lino, il cotone, il lyocel e l’acetato. Lo stilista Enéas Neto ha invece messo a punto una tecnica definita Zero Waste, capace di azzerare gli sprechi all’interno del processo produttivo.

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