Le tasse in busta paga sono un onere enorme perché di fatto riducono pesantemente il netto rispetto alla cifra lorda.
Quando si tratta di calcolare le tasse che vengono applicate in busta paga bisogna sicuramente considerare una questione importante, ovvero il problema che deriva dall’applicare una tassazione maggiore di un’altra. Vanno sempre considerate queste differenze perché quando si parla di stipendio base si fa riferimento a quello che è il lordo; ma al netto il rischio è trovarsi con molto meno.
Quello che non tutti sanno è che è possibile per tutti abbassare le tasse e quindi andare a ridurre la pressione fiscale. In questo modo si genera un enorme vantaggio perché si innalza quello che viene effettivamente corrisposto al lavoratore, e quindi lo stipendio finale.
Tasse in busta paga, come abbassarle facilmente
Il lavoratore dipendente paga una serie di tasse mensili attraverso la busta paga, questo vuol dire che ci sono delle trattenute specifiche che vengono imposte sul reddito. Quelle che riguardano la pensione, il TFR, le imposte sui redditi, sono svariate. Ciò avviene perché di fatto il titolare è un sostituito d’imposta quindi versa queste taste per il lavoratore, le sottrae allo stipendio e le inoltra.
I lavoratori autonomi lo fanno in automatico, quindi da soli, mediante un commercialista o comunque in dichiarazione dei redditi. Per chi è invece subordinato è possibile fare alcune variazioni sull’IRPEF affinché siano applicati sgravi che rendano poi possibile abbassare le tasse.
La principale imposta per tutti è proprio l’IRPEF, che si applica in forma percentuale in base al proprio reddito. Oggi c’è un sistema a 3 quote invece di quello a 3 quote che vigeva in precedenza. Fino a 28 mila euro è del 23%, fino a 50 mila euro il 35% e oltre il 43%.
Per intervenire sui contributi invece quello che si può fare è attuare i benefici statali e comunali: ad esempio si può ottenere una riduzione per le madri lavoratrici con esonero anche totale dei contributi. Se questi normalmente arrivano anche a 9.49% è chiaro che il risparmio che si ottiene frutta direttamente sul netto finale.
Si può inoltre usufruire del trattamento integrativo sui redditi ovvero 1200 euro annui applicati per dipendenti e assimilati con una somma mensile di 100 euro, e con un reddito massimo non superiore a 28mila euro. I contributi versati in forma complementare poi possono essere deducibili dall’IRPEF con un importo massimo di 5164,57 euro. Ne deriva quindi che applicando tutti i benefici possibili ci può essere una sostanziale variazione sia annualmente che mensilmente sul proprio reddito.