Il caffè napoletano è sotto attacco, ma tra pareri e contrari, escono fuori i veri rischi del caffè lavorato male: facciamo chiarezza sull’argomento.
Napoli, città del caffè, da sempre simbolo di un rito sacro che affonda le radici in ogni angolo della città. In questo luogo puoi criticare tutto: dalle strade trascurate alla sanità, ma il caffè no. Questo, per Napoli, è una sorta di istituzione.
Tuttavia, come ci racconta la nuova puntata di Report, quel caffè che un tempo era il miglior biglietto da visita per i turisti sta vivendo una crisi. Secondo Bernardo Iovene, autore dell’inchiesta, non si tratta solo di un problema locale.
Nella rubrica chiamata ‘La repubblica della Ciofeca’, Bernardo afferma che il gusto del ‘copertone di gomma’ è diventato il marchio di fabbrica di molti bar napoletani. I problemi principali vanno dalla tostatura eccessivamente scura dei chicchi alla scarsa attenzione per la pulizia delle attrezzature, passando per errori di estrazione e pratiche storiche e al contempo discusse, come l’uso di tazzine bollenti.
Non ci è voluto molto perché la puntata scatenasse un inferno mediatico. Tra napoletani feriti nel loro orgoglio e altri che hanno colto l’occasione per criticare la città, anche le case produttrici di caffè non sono rimaste in silenzio.
“Con il loro pensiero ordinario hanno provato a raccontare cos’è il caffè a Napoli, senza riuscirci”, si legge in una lettera firmata da Michele Caccamo in risposta all’inchiesta. “Hanno provato a giudicare una religione con il righello del laboratorio. A quelli di Report diciamo senza esitazione: Napoli non ha bisogno di lezioni sulla sua nera poesia liquida, perché è stata capace di trasformarla in arte. Ridurre questa tradizione a un banale discorso su miscela, tostatura o preparazione è come dire che la pizza è solo acqua e farina: facile, alla portata di chiunque”.
Caccamo difende anche la scelta tecnica della tostatura scura: “È una dichiarazione di intenti. Qui si ama il sapore forte, deciso, perché deve svegliare l’anima prima ancora che la mente”. Infine, si sofferma sull’aspetto umano, criticando Report per aver attaccato baristi senza formazione adeguata, descritti come vittime di un sistema più grande di loro.
Anche la torrefazione Caffè Passalacqua non è rimasta in silenzio. Ha risposto ironizzando sull’inchiesta: “Prendono una manciata del nostro caffè tostato scuro, lo confrontano con uno tostato chiaro, e il secondo è migliore. Perché lo dicono degli esperti che, guarda caso, non includono neanche un napoletano”.
Insomma, l’argomento si è trasformato in una vera bomba a orologeria. Ma se una semplice inchiesta è stata in grado di mettere in discussione uno dei pilastri di Napoli, come possono i consumatori difendersi e pretendere un buon caffè al bar se vi è così tanta confusione sull’argomento?
Report ha toccato un nervo scoperto, ma ha anche generalizzato, ignorando quelle sfumature che rendono il caffè napoletano unico. Come dice una vecchia massima: non puoi infrangere le regole se prima non le conosci. Ma c’è un ‘ma’. A prescindere dalla città o dalla tradizione, esistono alcuni accorgimenti universali per evitare un caffè scadente e talvolta addirittura pericoloso per la salute. Per l’esattezza, vi sono tre punti chiave prima di sorseggiare un caffè ‘sospetto’:
Alla fine, sta al cliente decidere se berlo o meno. Ma se non ci sono rischi per la salute, nessuna tecnica merita discriminazione, così come il contrario.
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