La Fashion Week di Parigi ha regalato uno spettacolo indimenticabile: Chanel celebra 110 anni con una collezione romantica al Grand Palais, mentre Dior, Schiaparelli e Giambattista Valli reinventano la couture con arte e audacia.
La Fashion Week di Parigi, anche quest’anno, non si è limitata a sfilare: ha incantato, emozionato e fatto discutere. Tra le passerelle più attese, quelle dedicate all’Haute Couture primavera-estate 2025 hanno confermato perché questa città sia la capitale mondiale della moda. Chanel, Dior, Schiaparelli e Giambattista Valli hanno portato sul palco non solo abiti, ma storie, sogni e visioni del futuro della couture.
E come non iniziare parlando di Chanel, che festeggia un traguardo incredibile: 110 anni di storia. Il Grand Palais, simbolo della maison, ha ospitato una celebrazione che ha attraversato decenni di eleganza, trasformando la passerella in un racconto visivo di stile eterno. Gli abiti, un’alternanza tra il romantico e il moderno, hanno esplorato tutte le sfumature del giorno e della notte, dai bianchi canditi ai blu notturni, con tweed, ricami preziosi e dettagli raffinati che sembrano vivere di luce propria. Gabrielle Chanel sarebbe orgogliosa di vedere come i suoi codici continuano a evolversi senza perdere un grammo della loro anima.
Nuove visioni per la moda che ridefinisce l’Haute Couture
Ma oltre Chanel, sono molti i nomi che hanno contribuito al successo dell’evento. Daniel Roseberry, per Schiaparelli, ha portato per sue “liquid deco”, come le chiama lo stilista. Linee che scivolano addosso ai modelli con la fluidità di un dipinto surrealista.
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Georgette di seta, ricami complessi e corsetti francesi diventano protagonisti, dando vita a una sensualità che si muove tra il rigore della tradizione e l’audacia del contemporaneo. E quanto possono brillare i cristalli che adornano questi abiti? Pare che ogni movimento li faccia cantare.
Roseberry costruisce la sua collezione attorno a un’immagine di lusso senza compromessi. I dettagli sono impeccabili, dai blazer in ultrasuede alle giacche dalle spalle teatrali. Eppure, ciò che colpisce non è solo la maestria tecnica, ma il modo in cui la moda si spinge oltre i confini, diventando quasi arte performativa.
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E poi c’è stata Maria Grazia Chiuri, che sa come riscrivere le regole. Per la collezione Dior primavera-estate 2025, il passato non è un vincolo, ma un trampolino. Gli abiti si trasformano in sculture leggere, dove crinoline e panier, un tempo nascosti, emergono come protagonisti.
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E quanto sono oniriche le sue silhouette? Gonne che sbocciano come fiori al primo sole, corpetti che sembrano evaporare in una cascata di frange dorate, e cappe piumate che raccontano di un lusso senza tempo. La passerella si è trasformata in un affresco vivente, grazie alla collaborazione con Rithika Merchant, le cui opere mitologiche hanno fatto da cornice a un sogno sartoriale.
Giambattista Valli e l’incontro di due mondi
Giambattista Valli, invece, per la sua collezione Les Jardins de la Ménara, si è lasciato ispirare dal Marocco e dall’India, due terre ricche di bellezza e significato personale per lo stilista. I suoi abiti parlano di leggerezza, romanticismo e armonia, in un viaggio che è tanto un sogno quanto un tributo a culture lontane.
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Le ampie gonne di seta danzano leggere, come mosse dalla brezza di Marrakech, mentre i dettagli floreali, ispirati all’arte moghul, aggiungono un tocco poetico. Qui la moda diventa un rifugio, un’oasi di serenità che invita a guardare al futuro con ottimismo.
Giorgio Armani e il debutto di Alessandro Michele per Valentino
Giorgio Armani ha riportato in passerella vent’anni di Haute Couture con una collezione che è un tributo alla luce, all’eleganza senza tempo e alle sue stesse origini sartoriali. Il gioco di luce è un filo conduttore che attraversa epoche e ispirazioni, dalle atmosfere esotiche dell’India e del Giappone fino alle geometrie essenziali della sartoria italiana.
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Abiti con scolli profondi e silhouette scolpite si alternavano a giacche rigorose dal taglio impeccabile, mentre trasparenze e decori preziosi catturavano ogni riflesso, come frammenti di stelle su tessuti impalpabili. E poi i dettagli: velette laterali, copricapi di perline, riferimenti sottili agli anni ’20 e ’30, tutto sapientemente riletto in chiave contemporanea.
Ma andiamo allo stilista più atteso dell’evento: Alessandro Michele. Il suo debutto per Valentino ha avuto un nome che è già tutto un programma: Vertigineux. Un titolo che racchiude la sua visione della moda come un’esperienza capace di far perdere l’equilibrio, trasportando in un universo di libertà assoluta e bellezza sregolata. Dopo il successo planetario ottenuto da Gucci, il suo ritorno sulla scena della couture era carico di aspettative, e non ha deluso.
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Sulla passerella, il glamour teatrale di Valentino si è fuso con il tocco di Michele in abiti sontuosi con silhouette impalpabili, velluti regali, scolli profondi e dettagli opulenti. Non mancavano le cappe bordate di piume, i drappeggi drammatici, i colletti barocchi e le trasparenze sofisticate che sembravano usciti da un quadro preraffaellita. E poi, il Rosso Valentino, in tutta la sua potenza.
E quindi, cosa ci lascia questa stagione? La certezza che la moda non è mai solo una questione di abiti, ma una finestra sul futuro, una celebrazione del passato e un invito a sognare il presente. Quanti altri mondi potranno raccontare queste maison? Non ci resta che aspettare e lasciarci sorprendere ancora una volta.