La sfilata più audace alla New York Fashion Week: Trump avrà qualcosa da dire? - sfilate.it
Alla New York Fashion Week, una sfilata rivoluzionaria celebra l’inclusività e non solo. Quale sarà la reazione dei più conservatori? Cerchiamo di fare un’analisi.
L’ultima New York Fashion Week ha regalato uno spettacolo che in pochi dimenticheranno. Tra abiti sfarzosi e passerelle illuminate, è accaduto qualcosa che ha spostato l’attenzione dai vestiti ai messaggi. Due modelle, entrambe in abito da sposa, si sono baciate davanti a un pubblico che non ha potuto fare a meno di reagire. Un gesto potente, romantico, inevitabilmente politico. Ci si chiede se qualcuno, dall’alto della sua torre dorata, abbia storto il naso vedendo le immagini rimbalzare sui social. Sono domande che ci facciamo nella nuova America di Donald Trump. Ma le sorprese non finiscono qui: la passerella ha visto protagonisti modelli con disabilità, persone con diverse conformazioni fisiche e modelle che, invece di camminare, ballavano con energia e grazia.
Dietro questa rivoluzionaria sfilata c’è la mente creativa di una stilista che non smette mai di stupire con le sue provocazioni artistiche. Oltre a promuovere l’inclusività, è anche molto attenta all’ambiente, utilizzando materiali sostenibili e processi produttivi ecologici. La sua collezione non solo sfida gli stereotipi della moda, ma lancia anche un messaggio potente: la bellezza risiede nella diversità e nel rispetto per il nostro pianeta. Chissà cosa ne penseranno i critici più conservatori?
Difficile ignorare l’impatto di una sfilata del genere. In un mondo che impone ideali di bellezza irraggiungibili, vedere corpi veri, imperfetti, potenti è stato un pugno nello stomaco per alcuni e una boccata d’aria per altri. La diversità non è più un concetto da scrivere nei comunicati stampa, ma qualcosa da mostrare, da celebrare. E allora cosa vuol dire davvero essere “diversi”? Perché ancora oggi c’è bisogno di ribadirlo? La moda ha passato decenni a creare standard, e ora che finalmente si sta aprendo a nuove possibilità, c’è chi si chiede se sia solo una trovata pubblicitaria o un vero cambiamento. Ma basta guardare gli occhi delle persone che hanno calcato quella passerella per capire che non si tratta di una trovata. È una rivoluzione, e ogni rivoluzione ha bisogno di qualcuno che la guidi.
Dietro questo spettacolo c’è la mente di Hillary Taymour, una stilista che non ha paura di scuotere le regole. Il suo brand, Collina Strada, è una piattaforma che usa il tessuto e il design come strumenti per parlare di sostenibilità, inclusione, futuro. Taymour ha fondato il brand nel 2008, partendo dagli accessori, per poi trasformarlo in qualcosa di più grande. La sua moda è colorata, ironica, fuori dagli schemi. I suoi abiti non vogliono solo vestire, ma raccontare storie. E la storia che sta scrivendo con Collina Strada è fatta di cambiamento.
La sostenibilità per lei non è una parola da mettere in catalogo, ma una scelta concreta. I suoi abiti sono realizzati con materiali riciclati, tessuti eco-friendly, scarti ripensati in chiave creativa. La produzione avviene a New York, per ridurre l’impatto ambientale. Non è un caso che sia stata scelta da Gucci per far parte di Gucci Vault, un progetto che punta a valorizzare designer emergenti con una visione autentica. Ma Taymour non si ferma alla sostenibilità. Le sue sfilate parlano di politica, di ingiustizie, di crisi climatiche. La moda può essere futile, certo, ma può anche essere un megafono per chi non ha voce.
Collina Strada è la prova che la moda non deve solo seguire i trend, ma crearne di nuovi. Le sue collezioni mischiano ironia e audacia, con corsetti che non costringono, maglieria morbida che accoglie il corpo e stampe vivaci. E l’ultima sfilata lo ha dimostrato ancora una volta. Inclusione, libertà, sostenibilità. Non è un caso che Taymour sia stata nominata ai CFDA Awards, il più grande riconoscimento della moda americana. Forse il mondo della moda sta davvero cambiando. E se così fosse, qualcuno, da qualche parte, avrà sicuramente qualcosa da ridire. Ma non è questo il bello delle rivoluzioni?
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