sfilate.it - Lucio Corsi, artista a 360 gradi: lo avevamo già visto (incredibilmente convincente) ma non in tv. Foto Ansa
Lucio Corsi porta la sua musica visionaria a Sanremo e conquista tutti con “Volevo essere un duro”. Performance da applausi e un duetto con… Topo Gigio! Ma dove l’avevamo già visto?
E chi se lo aspettava? Lucio Corsi, con il suo look da rockstar uscita da una fiaba e la voce che sa di vento di mare, ha incantato tutti a Sanremo. Ha portato sul palco “Volevo essere un duro”, un pezzo che sembra una piccola sceneggiatura in musica, piena di immagini, emozioni e quella dolce ironia che lo contraddistingue. È arrivato secondo per un soffio, roba da mangiarsi le mani, ma ha vinto nel cuore del pubblico. Del resto, uno così non passa inosservato: elegante come un principe rinascimentale, stralunato al punto giusto, con quel modo di raccontare storie che fa venire voglia di seguirlo ovunque.
E poi, ciliegina sulla torta: nella serata delle cover, ha duettato con… Topo Gigio! Sì, proprio lui. Insieme hanno cantato “Nel blu dipinto di blu” di Modugno, trasformando il palco in una scena surreale da film d’autore, quasi un realismo magico. Il pubblico ha riso, applaudito e, diciamolo, si è pure emozionato. Perché Corsi ha questa magia: può far ballare, può far pensare, può strappare un sorriso quando meno te lo aspetti. E ora che il grande pubblico lo ha scoperto, difficile che lo dimentichi.
Ma non è solo la musica a rendere Lucio un personaggio fuori dal comune. Chiunque abbia seguito le sue serate a Sanremo si sarà accorto di un dettaglio curioso: quelle spalline esagerate che sembravano uscite da un fumetto anni ’80. E dentro cosa c’era? Pacchetti di patatine. Sì, davvero. Lo ha raccontato lui stesso con la sua solita ironia, rivelando di aver usato questa trovata per ottenere il volume perfetto. Come a dire… quando la moda incontra il genio dell’improvvisazione, il risultato è un look che non si dimentica. Se qualcuno pensava che il festival fosse solo paillettes e smoking, Lucio ha dimostrato che anche uno snack può diventare haute couture.
E in effetti, Lucio e la moda si sono già incontrati in passato, e non per caso. Bisogna tornare indietro al 2017, a Firenze, in una delle cornici più suggestive che si possano immaginare: Palazzo Pitti, Galleria Palatina, affreschi ovunque e un’atmosfera che profuma di storia. Qui, Alessandro Michele ha messo in scena la sfilata Gucci Resort 2018, un viaggio tra classicismo e spirito rock, tra divinità greche e stelle del glam anni ’70. E tra i modelli scelti per incarnare questo mondo sospeso nel tempo c’era proprio Lucio Corsi. Ma come ci è finito lì?
Un po’ per destino, un po’ per affinità elettiva. Il direttore creativo di Gucci cercava volti fuori dagli schemi, capaci di raccontare qualcosa senza bisogno di parlare. Lucio era perfetto. E così, eccolo sfilare con un abito a fiori, la gonna plissettata che ondeggiava a ogni passo, gli stivali coordinati e una coroncina dorata tra i capelli. Un’immagine tra il barocco e il folk, come se un giovane re del rock fosse stato catapultato in un quadro rinascimentale.
Ma non si è fermato lì. Alessandro Michele non lo ha voluto solo sulla passerella, ma anche nella campagna fotografica di quella collezione, affidata nientemeno che a Mick Rock, il fotografo che ha immortalato David Bowie, Lou Reed, Iggy Pop. E qui la storia si chiude in un cerchio perfetto, perché anni prima, ancora adolescente, Lucio si era comprato un libro di Mick Rock su Bowie durante una gita a Berlino. Il libro era in tedesco, lui non capiva una parola, ma le immagini parlavano da sole. E poi, anni dopo, eccolo lì, davanti all’obiettivo di quel fotografo leggendario, a vivere un momento che, forse, aveva inconsciamente sognato.
Sanremo, dunque, ha fatto scoprire ai più un personaggio che si muove tra epoche e ispirazioni diverse, che può stare su un palco con una chitarra o camminare tra le statue di Palazzo Pitti vestito da re visionario. E se c’è una cosa che ha dimostrato a Sanremo, è che l’arte non ha confini e sa di aria di mare.
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