Cosa potrebbero mai avere in comune gli Oasis, Drake e Kanye West? A prima vista, sembrano appartenere a mondi diversi, ma c’è qualcosa che li unisce!
Il britpop ribelle degli anni ’90, il rap canadese contemporaneo e l’innovazione musicale statunitense hanno qualcosa in comune, un filo invisibile che li lega. Immaginate Liam Gallagher che indossa una giacca che potrebbe piacere anche a Drake; o Kanye che, tra una sessione in studio e l’altra, sfoggia un capo che non sfigurerebbe in un concerto degli Oasis. Ma cosa unisce davvero queste icone della musica? La risposta si trova in Italia, precisamente a Ravarino, dove Carlo Rivetti ha trasformato un’idea in un fenomeno globale.
Sotto la sua guida, Stone Island è diventato il marchio che ha conquistato artisti di ogni genere, senza mai ricorrere a campagne pubblicitarie tradizionali. È il fascino autentico del brand che ha attirato l’attenzione di queste star, creando un legame spontaneo e genuino. Drake, ad esempio, ha mostrato il suo apprezzamento indossando capi Stone Island durante i suoi tour, mentre Kanye West ha cercato personalmente Rivetti per collaborare. Anche gli Oasis hanno contribuito a consolidare l’immagine del brand nel mondo della musica. Senza bisogno di pubblicità, Stone Island è diventato un simbolo di autenticità e stile tra le celebrità. Ma com’è andata nel dettaglio?
Come Stone Island è nato da un errore ed è diventato il brand dalle star
Tutto è iniziato quasi per caso, come spesso accade con le idee geniali. Nei primi anni ’80, Massimo Osti, un designer con la testa da scienziato e l’anima da esploratore, stava sperimentando con materiali che di solito non avrebbero mai visto l’interno di un laboratorio di moda. Tra le sue mani finì un tessuto usato per coprire i camion, un materiale robusto, resistente, ma decisamente poco adatto a un capo d’abbigliamento. L’idea iniziale era quella di renderlo più morbido e indossabile, ma qualcosa andò storto… o meglio, andò nel migliore dei modi. Per sbaglio, il tessuto rimase troppo a lungo nei macchinari di lavorazione e, quando finalmente venne tirato fuori, si era trasformato in qualcosa di completamente nuovo. Così nacque il primo capo di quello che sarebbe diventato Stone Island.

E poi c’è il già citato Carlo Rivetti, l’uomo che ha visto lungo quando ancora nessuno ci pensava. Cresciuto in una famiglia che di tessuti se ne intendeva da generazioni, aveva il DNA dell’imprenditore ma anche una curiosità che lo portava a guardare oltre il solito modo di fare moda. A un certo punto, osservando i suoi figli mentre si preparavano per andare a scuola, si rese conto di un dettaglio che gli accese una lampadina. Quei ragazzi si vestivano in un modo completamente diverso da come faceva lui alla loro età. Sneakers, capi sportivi, giacche tecniche… era come se lo stile formale non avesse più alcun senso per loro.
La questione lo portò dritto a Ravarino, in provincia di Modena, dove Massimo Osti con la sua CP Company stava già rivoluzionando il concetto di abbigliamento tecnico. Il resto, come si dice, è storia. Nel 1993, Rivetti fece il passo decisivo, acquistò Stone Island e prese in mano il timone del brand. Da quel momento, ogni decisione sarebbe passata attraverso la sua visione. Il marchio, nato quasi per errore, si stava trasformando in un punto di riferimento per chi cercava qualcosa di più di un semplice capo da indossare. Negli anni, senza mai fare pubblicità tradizionale, Stone Island è entrata nell’immaginario collettivo.

All’inizio era il marchio di nicchia amato dai “paninari” in Italia e dagli hooligan inglesi, poi è diventato il brand preferito da chi cercava capi tecnici ma con un’identità forte. Oggi è il simbolo di una certa idea di stile che piace a chi vuole distinguersi senza gridarlo ai quattro venti. Non serve una campagna pubblicitaria quando sono artisti come Drake, Kanye West e gli Oasis a indossarlo spontaneamente, rendendolo parte del loro mondo.
Lo stesso Carlo ha raccontato alcuni aneddoti incredibili sui suoi incontri con questi artisti, e sono di quelli che meritano di essere ascoltati. Uno dei più divertenti riguarda proprio Kanye. Un giorno, il suo ufficio stampa gli dice che Kanye West vuole parlare con lui. E la sua reazione? Semplicissima: “E in che squadra gioca?”. Per lui, che non seguiva la musica americana, Kanye non era altro che un nome sconosciuto. Solo dopo aver capito di chi si trattava – un’icona della cultura pop e marito di Kim Kardashian – ha realizzato l’importanza di quella chiamata. Kanye era ossessionato da Stone Island, voleva capire tutto del brand e parlarne direttamente con chi lo aveva costruito.

Con Drake la storia è ancora più curiosa. Il rapper canadese era già un super fan del marchio e voleva dei capi esclusivi per il suo tour. Ma niente di commerciale, solo pezzi unici, pensati per lui e per nessun altro. Così, Rivetti ha mandato sua figlia Camilla a prendere le misure di Drake di persona. Quando poi gli ha consegnato gli abiti finiti, gli ha detto chiaramente: “Questi sono solo per te, non verranno mai riprodotti”. Un gesto che dice tutto sul modo in cui Stone Island ha costruito il suo legame con le star… niente sponsorizzazioni forzate, solo passione e rispetto reciproco.
E poi ci sono gli Oasis. Liam e Noel Gallagher hanno adottato Stone Island in modo del tutto spontaneo, molto prima che diventasse un cult tra le star americane. Erano gli anni in cui la scena britpop era al massimo splendore e lo stile era un elemento fondamentale dell’identità musicale. I fratelli Gallagher non si mettevano addosso nulla che non li rappresentasse al cento per cento. E Stone Island, con la sua estetica forte e distintiva, è diventato parte del loro modo di essere.
Tutte queste storie hanno una cosa in comune… Stone Island non ha mai cercato di piazzarsi nel mondo della musica con operazioni di marketing studiate a tavolino. È successo tutto in modo naturale. Le star hanno scoperto il brand, si sono innamorate della sua filosofia e hanno iniziato a indossarlo perché davvero lo volevano. E questo, più di qualsiasi campagna pubblicitaria, ha reso Stone Island quello che è oggi.