E’ finita l’era dei VIP: ora per la moda contano solo i VIC. Ecco chi sono e perché

I VIC spendono più di chiunque altro e stanno riscrivendo le regole della moda. Perché i brand li preferiscono a star e influencer? E chi sono davvero?

Una volta era semplice… le prime file delle sfilate erano affollate di volti noti, i red carpet dettavano tendenza più delle passerelle. Le celebrities erano i fari della moda, gli influencer i nuovi intermediari del gusto. Ma qualcosa è cambiato. Sempre più silenziosamente, un altro tipo di protagonista ha iniziato a spostare gli equilibri. Non cerca l’obiettivo, ma muove le vendite. Non posta, ma compra. E compra tanto.

Noi di Sfilate.it stiamo osservando un cambiamento netto. L’attenzione dei grandi marchi si sta spostando, con una velocità sorprendente, dai VIP ai VIC. Cosa significa? I VIC – very important clients – sono una minoranza estrema, ma con un impatto enorme. Rappresentano solo l’1% della clientela del lusso, ma generano oltre un quinto delle vendite mondiali. Spendono cifre che partono da 50.000 euro l’anno, spesso ben oltre. Non è solo una questione di denaro ma è un nuovo modo di relazionarsi alla moda. Il potere si è spostato dietro le quinte. Ma perché? E soprattutto, cosa implica tutto questo per il sistema moda?

Da clienti a protagonisti: quando i VIC diventano volti delle campagne

Il punto di svolta è arrivato nel post-pandemia. Il mercato del lusso ha subito uno scossone: meno turisti, meno acquisti d’impulso, più incertezza. I cosiddetti aspirational shoppers – quelli che si concedevano ogni tanto una borsa o un rossetto griffato – sono stati i primi a sparire. Prezzi in salita, meno accessibilità, più distanza. A restare, invece, sono stati loro: i VIC. Clienti stabili, affezionati, capaci di garantire flussi di spesa continui, non legati all’occasione, ma a un’abitudine. Questo ha spinto le maison a cambiare strategia… basta rincorrere il numero, ora conta il valore.

Sue Kroll
Da clienti a protagonisti: quando i VIC diventano volti delle campagne – foto IG @loewe – sfilate.it

Da qui la svolta: se prima lo showroom bastava, oggi non è più sufficiente. Il cliente VIC vuole qualcosa in più. Non cerca solo un abito, ma un’esperienza. Le sfilate diventano viaggi esclusivi, gli eventi si trasformano in feste su invito. Alcuni brand volano dall’altra parte del mondo per mostrare una collezione a venti persone. Hotel a cinque stelle, cene riservate, capsule studiate solo per pochi. Un investimento? Certo, ma che rende. Il cliente VIC, se coccolato, ricambia e continua a comprare.

Essere un VIC non significa solo potersi permettere una Birkin. Significa avere accesso a un mondo parallelo. Boutique private, appuntamenti su misura, edizioni limitate riservate, gioielli mai esposti al pubblico. È un rapporto personale con la Maison, costruito nel tempo. Fiducia, attenzione, riconoscimento. È qui che nasce il legame. Il venditore non è più solo un commesso, diventa un consigliere, un tramite diretto con il quartier generale. E quando un cliente è davvero fedele, può finire persino in campagna. Come volto ufficiale del brand. È il caso di Sue Kroll, appassionata di Loewe e scelta da Jonathan Anderson come testimonial. O di Qin Huilan, dottoressa cinese in pensione, che ha sfilato per Miu Miu a settant’anni.

Qin Huilan
Qin Huilan in Miu Miu – foto IG @i_doctor_qin – sfilate.it

È un ribaltamento completo. L’influencer oggi è il cliente stesso. Una donna di 70 anni, un medico in pensione, una coppia americana con vent’anni di acquisti alle spalle. Nessuno script da recitare, nessun filtro. Solo una passione reale per la moda, tradotta in scelte concrete. Per i brand è oro… autenticità, engagement, credibilità. Non si parla più di aspirare al lusso, ma di viverlo pienamente. Non più VIP da guardare, ma VIC da ascoltare.

E questo trend è destinato a crescere. I dati parlano chiaro: oggi sono circa 600mila, ma si stima che diventeranno un milione entro il 2030. Già ora rappresentano in media il 30% dei ricavi delle maison. E la loro influenza non è solo economica. I VIC influenzano gusti, tendenze, priorità. E come ogni relazione che funziona, il segreto è uno solo: farli sentire importanti, perché lo sono.

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